
Integrazione organizzativa ed integrazione dei servizi sociosanitari nel Veneto: il primo report della ricerca di Ires Veneto che analizza la politica socio sanitaria della regione
Da anni CGIL, SPI/CGIL, FP CGIL del Veneto sostengono la necessità di garantire una piena e reale integrazione ospedale-territorio e socio sanitaria, evidenziano le maggiori criticità e sollecitano gli interventi prioritari avvalendosi del prezioso lavoro di indagine e ricerca di IRES VENETO su questo ambito strategico; per questo, dopo la Ricerca del 2016 su “Il sistema socio-sanitario del Veneto: Domanda di salute, reti territoriali e percorsi di integrazione. Un’analisi su sette Aziende ULSS” e quella del 2018 sulla “Riorganizzazione territoriale e integrazione dei servizi sociosanitari”, con questa nuova Ricerca avviata nel dicembre 2019, si vuole dare un contributo all’analisi della filiera sociosanitaria territoriale del Veneto.
Oggetto della ricerca, di cui oggi si sono presentati i primi dati, sono le seguenti analisi:
• stato di attivazione, rispetto alle previsioni, delle strutture intermedie (Ospedali di Comunità, URT, Hospice);
• forme di riorganizzazione della medicina territoriale e loro grado di attuazione;
• modalità di erogazione e livelli di attivazione dei servizi di Assistenza Domiciliare;
• situazione dei servizi distrettuali.
I dati che stanno emergendo dalla ricerca ci dicono, infatti, che:
– Gli accessi in PS con codice bianco sono in aumento. Il numero degli accessi in OBI con durata > 48 ore sono aumentati del 10% dal 2017 (situazione particolarmente critica in A-ULSS 5, dati MES 2019).
– La lunghezza della degenza ospedaliera in Veneto è superiore alla media nazionale: 7,9 giorni vs 7,5 nazionale in reparti per acuti; per i ricoveri in lungodegenza la degenza media è di 30 giorni vs i 22 nazionali, i pazienti di età > 65 anni hanno una degenza media di 10 giorni vs 8,5 nazionali (Osservasalute, 2019); a fronte della riduzione di 1.000 posti letto pubblici dal 2013 al 2019 (-7%) e di 150 privati (-5%), il tasso di occupazione dei posti letto è aumentato del 2% (Piani di adeguamento delle AULSS alle DGR 2122/2013 e 614/2019). Questi elementi qualificano una minore capacità di gestione del paziente sia rispetto alla condizione clinica, che all’utilizzo delle risorse (l’indicatore di performance della degenza media per i DRG medici del MES 2019 attribuisce al Veneto una scarsa valutazione).
– La dotazione di personale medico è inferiore alla media nazionale (19,2 vs 22,7 per 10.000 abitanti nelle strutture pubbliche e equiparate e 5,2 vs 14,7 nelle private accreditate) (Banca d’Italia 2020). Dal 2013 al 2018 il personale delle A-ULSS si è ridotto del 2,4% (-1425 unità) (Conto Annuale MEF).
– I posti letto realizzati nelle strutture intermedie, nel 2019 rappresentano il 59% dei programmati: il 54% per gli ODC (475 PL su 887 programmati), del 55% per le URT (128 su 231), 90% per gli Hospice (220 su 245 numero, questo, inadeguato in base al fabbisogno definito dal Ministero con il DM 43/2007: 1PL ogni 56 deceduti per patologie tumorali). I posti letto delle strutture intermedie realizzati, al di là del rispetto della programmazione definita nelle varie DGR dalla Regione stessa (DGR 2122/2013, DGR 1714/2017, DGR 614/2019) rappresentano comunque il 48% dello standard fissato dalla Regione stessa nella DGR 1714/2017 (0,6 PL ogni 1000 residenti di età > 45 anni) e il 41% di quello fissato da AGENAS (0,4 ogni 1000 residenti). Dei PL programmati in strutture intermedie, 255 posti dovevano essere realizzati entro il 31/12/2019 (Piani di adeguamento delle AULSS alle DGR 2122/2013 e 614/2019).
– Il fondo per la non autosufficienza (che copre le impegnative di residenzialità e quelle per le cure domiciliari) non è adeguato al fabbisogno effettivo, che viene coperto solo al 70% dalle impegnative di residenzialità, le risorse destinate alle impegnative domiciliari risultano risicate.
– In due anni, dal 2017 al 2019 si sono persi 155 medici convenzionati (SISAC 2019). Il Veneto in base a recenti stime (al pari di Calabria, Lombardia, Abruzzo) ha finanziato in minor misura le borse di specialità ed è a rischio di superamento del massimale consentito. Le borse di specialità messe a bando nei trienni 2014-2017 (n. 50 borse di studio), 2015-2018 (n. 50 borse di studio), 2016-2019 (n. 25 borse di studio) e 2017-2020 (n. 50 borse di studio) sono largamente insufficienti rispetto alle zone carenti e agli incarichi vacanti di Continuità Assistenziale rilevati negli stessi anni 2017 (- 97), 2018 (-176), 2019 (-318) e 2020 (-244). Dall’anno 2019, per effetto del Decreto Calabria è possibile affidare incarichi di MMG anche a medici solo iscritti al corso di formazione. Solamente nell’anno 2020 la Regione mette a bando 118 posti con borsa di studio e 80 posti senza borsa di studio.
– L’Assistenza Domiciliare integrata (ADI) che pure si prende in carico una buona percentuale di pazienti ultra 65enni (3,48 vs media italiana di 2,41), registra un numero di ore di servizio per assistito (4 ore vs le 17 nazionali per anziani e 10 vs 24 ore per pazienti terminali) molto inferiore rispetto al dato medio nazionale (Annuario Statistico Ministero della Salute, 2018).
Non si vuole negare che il Veneto possa comunque essere considerata ancora oggi una Regione “virtuosa” dal punto di vista sanitario. Certamente sono molti gli ospedali che, a livello nazionale, hanno visto ridursi il numero dei PL (e si tratta di un fenomeno non solo italiano), ma in Veneto ciò è avvenuto in un momento in cui la riorganizzazione della struttura e dell’attività ospedaliera doveva coincidere con il potenziamento della sanità territoriale (medicina di base, strutture intermedie) che solo parzialmente si è verificato. Per questo è necessario richiamare l’amministrazione regionale a rafforzare e dare attuazione agli interventi necessari per garantire una piena e reale integrazione ospedale-territorio e sociosanitaria.
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Parole chiave
sanità, sanità veneto, sistema sociosanitario